RASSEGNA CINEMATOGRAFICA INVERNALE 2019  "MARTEDI' AL CINEMA" 12 marzo ore 21:00 IN VIAGGIO CON JACQUELINE Casa del Popolo. via Don Veneziani, 64 -Rivergaro (PC)

IN VIAGGIO CON JACQUELINE

Fatah, piccolo coltivatore algerino, ha occhi solo per la sua mucca Jacqueline e sogna di portarla a Parigi al Salone Internazionale dell'Agricoltura. Quando finalmente riceve l'agognato invito, deve trovare il modo per raggiungere la Francia e Parigi, lasciando il suo sperduto villaggio in Algeria. Con una colletta di tutti i compaesani attraversa il mare e approda a Marsiglia. Di lì inizia per l’uomo e il quadrupede un lungo, faticoso viaggio a piedi attraverso tutta la Francia. Incontri pericolosi, incontri sorprendenti, l'inattesa caduta e la risalita, la solidarietà e l'ottusità, tra risate, sorprese, crucci e allegria in un viaggio inaspettato e pieno di tenerezza.

GENERE: Commedia

REGIA: Mohamed Hamidi

ATTORI: Fatsah Bouyahmed, Jamel Debbouze, Lambert Wilson, Julia Piaton, Hajar Masdouki, Patrice Thibaud

DURATA: 91 Min

CRITICA: un clima di festa giocosa che induce lo spettatore a riflettere sul fatto che generalizzare è sempre e comunque un errore.

 Un film on the road a piedi può avere una sua originalità, ma considerando che al guinzaglio il protagonista ha una vacca, allora è chiaro che l'avventura In viaggio con Jacqueline è una stralunata commedia. Un algerino di campagna che risale la Francia, da Marsiglia a Parigi, per far concorrere la sua amata vacca a un concorso di bellezza. Gli incontri curiosamente assortiti sono garantiti, ma niente fa cedere l’animo naif di Fatah in questo tenero feel good movie che si prende il lusso di ritmi lenti, fuori dalle strade più battute. Divertente e spiazzante, ha una carica di umanità fuori scala che rende impossibile non tifare a squarciagola per i due protagonisti, quello con e quella senza corna. 

Un buffo signore, calvo e occhialuto, dall’andatura incerta con al guinzaglio una bella vacca marrone in salute. È l’immagine simbolo di una delle sorprese dell’anno scorso in Francia, In viaggio con Jacqueline, feel good movie che ha risollevato il morale dei francesi in un annus horribilis. Diretto dal franco algerino Mohamed Hamidi, propone il road movie per la Francia di un piccolo coltivatore dell’entroterra algerino, che si mette in marcia, a piedi, per arrivare in tempo al Salone dell’agricoltura di Parigi e far partecipare la sua adorata Jacqueline al concorso più ambito: quello per il bovino più bello.

Hamidi cerca di far comunicare le sue due culture; dopo un primo film, Né quelque part, in cui seguiva un francese nel viaggio algerino alla scoperta delle radici dei genitori, questa volta propone un percorso inverso. L’Algeria è quella costola - per più di un secolo - della grande République, che nonostante i continui battibecchi parla sempre della Francia e la guarda con rispetto e vicinanza, non fosse che per i milioni di maghrebini che hanno cercato fortuna nell’esagono.

Fatah sembra catapultato nella Francia dolce del lungo dopoguerra, negli anni ’50 simbolizzata dai film con Fernandel, di cui uno, La vacca e il prigioniero, diventato un simbolo delle campagne rigogliose e della vita che tornava a scorrere. In viaggio con Jacqueline è un film che rinuncia ai tempi frenetici della conoscenza casuale, della maschera scettica di una quotidianità frettolosa per rivendicare tempi lunghi, conversazioni inattese che diventano serate intere, con la voglia sincera di conoscere chi si ha di fronte. In questo è una boccata d’aria fresca, un omaggio alla natura e alla campagna, senza essere manifesto luddista contro il progresso tecnologico; tutt’altro, è proprio grazie alla televisione, ai social e a youtube che questo viaggio improbabile di un Candido catapultato nel XXI secolo assume valenza nazionale, attira le simpatie di tante persone che ne sostengono la cavalcata, come Poulidor in cima al Mont Ventoux.

Un’avventura umana scandita da incontri sorprendenti, quella di In viaggio con Jacqueline, alcuni proprio per la loro normalità: dal cognato bizzoso che nasconde a casa la famiglia che si è creato a Marsiglia, interpretato dal più famoso comico franco maghrebino, Jamel Debbouze, al nobile di campagna decaduto e molto depresso, un empatico Lambert Wilson. In fondo è una questione di ritmi, e entrambi alla fine si allineano a quelli mediterranei di Fatah, imparano a coglierne gli slanci di un’umanità primordiale, superata l’iniziale sorpresa. Hamidi ha combinato tre attori e tre stili comici completamente diversi, arricchendo questa fiaba camminata di toni diversi; a suo modo anche così propone una parabola sulla diversità come ricchezza, sull’ascoltare chi vive diversamente da te, superando i pregiudizi. Impossibile non tifare per il gracile protagonista, una sorta di Capannelle francese, interpretato con straordinaria umanità da Fatsah Bouyahmed.

Amante della commedia all'italiana, come si nota nella scrittura a quattro mani di una lettera che rimanda a Totò e Peppino, Hamidi non propone niente di nuovo o di sconvolgente, ma una sana pausa per ricaricare la speranza candida, ma a portata di mano, di una vita condivisa senza reticenze con chi respira insieme a noi l’aria, troppo spesso cinica e malsana, di questo nostro pianeta.

RASSEGNA CINEMATOGRAFICA INVERNALE 2019  "MARTEDI' AL CINEMA" 12 marzo ore 21:00 IN VIAGGIO CON JACQUELINE Casa del Popolo. via Don Veneziani, 64 -Rivergaro (PC)

MOHAMED HAMIDI  Regia e sceneggiatura Nasce nel 1972 a Bondy, nella sterminata periferia parigina di Seine-Saint-Denis. Nono figlio di una famiglia di origini algerine, dal 1997 al 2008 è professore associato di economia all’Università di Bobigny, ma molto del suo impegno va alla questione dell’integrazione, sia attraverso la sua associazione Alter-Egaux che grazie al Bondy Blog, sito dedicato alla cultura multietnica che contribuisce a fondare e dirigere per diversi anni e che diventa un caso in Francia. Attivo anche come scrittore e musicista, dal 2007 Hamidi inizia a collaborare con Jamel Debbouze, attore e comico di origine marocchina celeberrimo in patria, e dirige il festival Marrakech du rire, fondato dallo stesso Debbouze. Quest’ultimo è anche il protagonista dell’esordio alla regia di Hamidi, Né quelque part, che viene presentato in anteprima nel 2013 al Festival di Cannes e accolto con entusiasmo. Dopo aver collaborato alla sceneggiatura di La marche, di Nabil Ben Yadir, firma il suo secondo film, In viaggio con Jacqueline, che in Francia supera il milione di spettatori diventando una delle commedie più apprezzate della stagione. 

NOTA DI REGIA

Un road movie attraverso la Francia Da molto tempo sognavo di girare un road movie attraverso la Francia. È un paese che conosco bene, poiché, da quando avevo 17 anni, l’ho percorso in lungo e largo, soprattutto lavorando come supervisore nei campi estivi. E quando i bambini provenienti dalle periferie cittadine più difficili incontrano le persone che vivono in campagna, nascono dei momenti che riescono a toccarti in profondità. Un giorno Fatsah, che conosco da 10 anni, mi ha raccontato di un suo zio, un uomo appassionato di agronomia e fertilizzanti, che gli chiedeva regolarmente informazioni sul Salone dell’Agricoltura di Parigi, a cui sognava di partecipare. Con In viaggio con Jacqueline ho fatto un cocktail di tutti questi spunti. Inoltre, credo che a livello inconsapevole sia stato influenzato da La vacca e il prigioniero, il film del 1959 diretto da Henri Verneuil e interpretato da Fernandel, che da ragazzo ho visto almeno dieci volte, nonché da road movie di grande fascino come Little Miss Sunshine e Una storia vera di David Lynch. Spesso, durante la stesura della sceneggiatura, mi è stato detto che ero troppo naïf o che mi stavo concentrando troppo sui buoni sentimenti. In ogni caso, ho voluto mantenere questo approccio fino alla fine. Come nelle Lettere persiane di Montesquieu, quando qualcuno dotato delle migliori intenzioni e di un atteggiamento positivo arriva in un ambiente non familiare, raccoglie quello che semina. Volevo che Fatah incontrasse persone di mentalità aperta con cui fosse possibile uno scambio di punti di vista. Con una sorta di grazia, semplicità, gentilezza e mancanza di pregiudizi, questo personaggio è capace di dire qualsiasi cosa. E la gente lo adora per questo. Mio padre, che veniva anche lui da una cultura contadina, aveva un carattere simile, molto diretto, ma in modo così spontaneo e di buon cuore che nessuno se la prendeva. Non volevo comunque adottare un approccio aggressivo o lo stereotipo del rifiuto sistematico dei migranti. Inoltre, credo che un tipo come Fatah, in cammino con una mucca al seguito, anche oggi ispirerebbe reazioni amichevoli. Ho pensato a Fatsah Bouyahmed per il ruolo di protagonista fin da quando ho iniziato a scrivere il copione. Ci sono pochi attori capaci come lui di essere al tempo stesso divertenti, poetici e spontanei. L’altro elemento decisivo è che Fatsah non è molto conosciuto sul grande schermo e lo spettatore medio ha l’impressione che questo tizio sia davvero appena arrivato da un villaggio con la sua mucca. In ogni caso, c’è una cosa essenziale per me, che mi ha insegnato Alain-Michel Blanc, con cui ho scritto entrambi i miei film: anche se un personaggio secondario è sulla scena solo tre minuti, occorre prendersi il tempo di scrivere per lui una biografia, definire i suoi obiettivi, da dove viene, cosa significa la sua presenza per il protagonista e viceversa. È una strategia molto utile quando arriva il momento di lavorare con gli attori: in quel momento, per me un personaggio secondario diventa un protagonista. Anche per Jacqueline è stato fatto un vero e proprio casting, molto complesso. Poiché non potevo portare la stessa mucca dall’Africa in Francia e viceversa, dovevamo trovare due mucche identiche, più una terza di riserva. Per essere credibile come mucca algerina, doveva essere marrone e inizialmente avevo scelto un esemplare di razza Jersey: purtroppo, però, risultava troppo piccola accanto a Fatsah e la coppia non funzionava. Quindi ho trovato in Marocco (dove abbiamo girato le scene del villaggio algerino) una vacca di razza Tarentaise che era perfetta. Ma per trovare le sue due gemelle francese ho dovuto fare un provino a oltre 300 mucche! Poi sono state mandate a fare un periodo di training vicino Fontainebleau, dove anche Fatsah ha avuto modo di prenderci confidenza, mentre la mucca marocchina veniva accudita da un ragazzo, Icham, che se n’è letteralmente innamorato: alla fine delle riprese gliel’abbiamo regalata ed era al settimo cielo…! La campagna è molto presente nei miei lavori, probabilmente perché vorrei ricostruire un passato che non ho mai conosciuto. Quello che oggi mi interessa sono le mie radici, i miei genitori e lo shock che l’immigrazione ha rappresentato per loro. Ma non volevo in ogni caso parlare delle periferie parigine, cosa che ho fatto a lungo quando ero un insegnante a Bobigny o con il Bondy Blog, il celebre blog multietnico che ho diretto per diverso tempo. Trovavo più interessante raccontare la storia di questo personaggio semplice e ingenuo. Se qualcuno mi chiede se In viaggio con Jacqueline è un film politico, rispondo comunque di sì, ma come in una favola ciò è sottinteso, non dichiarato apertamente. In questi tempi difficili di conflitti politici e religiosi, volevo mostrare che gli individui, qualsiasi sia la loro origine, possono vivere insieme e condividere molto al di là delle loro differenze di ceto, cultura e religione. Sono cresciuto con questo tipo di approccio. Un esempio? Quando Fatah, un musulmano praticante che prega placidamente per conto suo, vede una chiesa per la prima volta, è felice di entrarvi per visitarla. Come mio padre, che, quando eravamo in vacanza, diceva sempre: “Forza, andiamo a vedere com’è dentro!”. Salutava il prete e gli faceva una valanga di domande! Questa curiosità, questa semplicità nello scambio, questa apertura mentale, è qualcosa perfettamente in linea con il personaggio di Fatah, ma allo stesso tempo qualcosa di profondamente politico. Inoltre, egli ha modo di vedere di persona le proteste di contadini e allevatori francesi, i cartelli con gli slogan contro le quote latte o la desertificazione delle campagne. È un allevatore algerino che arriva in Francia con un sogno e scopre che anche qui la gente non se la passa bene.